Questo articolo pubblicato sulla cronaca aretina cartacea del quotidiano La Nazione, non è reperibile on line, lo riportiamo per dare la voce anche a coloro che potrebbero essere coinvolti:
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Veleni Eutelia, dalla Procura parte una raffica di querele
Il pm Rossi: diffamato da chi ha fornito l’indirizzo del dossier
GALEOTTO fu il dossier su Eutelia e chi lo scrisse. Perché adesso dopo i veleni dell’anonimo estensore piovono le querele. Non solo dai commissari dell’azienda finita in dissesto nel 2010 ma anche dai magistrati.
Il pubblico ministero Roberto Rossi, ad esempio, che all’epoca chiese l’insolvenza del gruppo di via Calamandrei (poi deliberata dal tribunale all’inizio di giugno 2010) e che adesso è diventato procuratore reggente, in attesa che il Consiglio superiore della magistratura nomini, dopo il pensionamento di Carlo Maria Scipio, un altro capo dell’ufficio dell’accusa.
È LO STESSO Rossi ad ufficializzare in un comunicato quello che era scontato per chiunque avesse letto il dossier che qualche manina ha recapitato via Internet e nel quale anche lui viene preso pesantemente di mira. Non solo con ricostruzioni maliziose ma pure con la manomissione di documenti, sms e telefonate, presentati fuori contesto o proprio artefatti. Quanto basta perché il procuratore reggente si ritenga diffamato a mezzo stampa non solo dall’anonimo ma anche da chi (giornali e siti di informazione locale, scrive lui) lo ha utilizzato ampiamente, sia pure prendendone le distanze. È il principio della cassa di risonanza: chi del dossier ha fornito l’indirizzo web dal quale si si poteva accedere via Internet al documento e chi ha allestito online link che portavano fino al dossier, ritiene Roberto Rossi, ha contribuito alla diffusione di quanto scritto e
LA CONTROFFENSIVA
«Accuse grossolane e palesemente false, mirate a creare tensione nell’imminenza del processo»
quindi ha alimentato la diffamazione. «Sebbene le accuse per la loro grossolanità e palese falsità — scrive il procuratore — siano tali da essere immediatamente percepite da chiunque abbia un minimo di discernimento e buona fede, la diffusione a pochi giorni dalla prima udienza del processo (si torna in aula il 9 aprile, ndr) non può che essere oggettivamente mirata a creare tensioni e confusioni». Perché? Il Pm che sosterrà l’accusa in udienza non ha molti dubbi: «Lo scopo — ritengo — è di distogliere l’attenzione da responsabilità penali gravi e circostanziate». Insomma, un polverone creato ad arte per confondere le acque sugli imputa- ti, il principale dei quali è sempre Samuele Landi, l’ex uomo forte di Eutelia ora latitante a Dubai. D’altronde, il procuratore si dice «consapevole del fatto — non nuovo per me — che quando si svolgono indagini che toccano rilevanti interessi economici e finanziari, il rischio di ritorsioni è sempre presente».
MA, ALZA LA VOCE, «non è tollerabile che fonti di informazione si prestino a fare da sponda di accuse sgangherate e calunniose senza alcuna verifica della fonte». È la macchina del fango di Eutelia, una trappola nella quale qualcuno può essere caduto anche per ingenuità ma che produce veleni: «Sono stati falsificati in modo rozzo documenti carpiti illegalmente a uno dei commissari», accusa Rossi. E’ Daniela Saitta e presto sarà protagonista, insieme coi due colleghi, al processo principale. Testimoni eccellenti e privilegiati di quanto succedeva nelle segrete stanze di via Calamandrei.